Sala video immersiva

Senza emozione, non c’è comunicazione.


La sala immersiva del Museo del Risorgimento, la prima incontrata dal Visitatore nel suo percorso, tramite un’aggiornata tecnologia audiovisiva, propone un’intensa esperienza di comunicazione emozionale. Al centro, il racconto del nostro processo di unificazione nazionale e dei suoi protagonisti, narrato attraverso le vicende d’invenzione, ma storicamente significative, di tre personaggi:

  • Luigi, romantico volontario nella seconda guerra d’indipendenza e nella spedizione dei Mille;
  • Maria, sua compagna, destinataria delle lettere che Luigi invia da alcuni luoghi simbolo del nostro Risorgimento, portavoce attenta e sensibile di quella “questione femminile” che la formazione dello Stato nazionale lascia irrisolta alle generazioni future;
  • un giovanissimo e anonimo patriota, a cui è affidato il compito di prefigurare l’ ”Italia che sarà”, fino almeno a lambire il nuovo secolo.

I loro pensieri, sentimenti, speranze sono accompagnati, valorizzati, arricchiti dall’uso di immagini che rimandano all’iconografia, maggiore e minore, dell’Ottocento; da celebri fotogrammi di film di argomento risorgimentale; dalle melodie semplici, ma conosciute e amate ancora ai nostri giorni, della canzone popolare patriottica e garibaldina.
Parole, immagini, suoni che hanno l’obiettivo di presentare, in maniera non banale e non retorica, alcune pagine fondative nella storia del rinnovamento culturale, politico e sociale alla base della nascita del nostro Paese.

Ci siamo permessi di rielaborarle, con un minimo di libertà creativa insieme a un massimo di fedeltà storica, per renderle capaci di parlare al cuore e alla ragione, alla passione civile e all’intelligenza dei Visitatori tutti, con una particolare attenzione per i più giovani

Perché, siamo convinti, là dove non c’è emozione non c’è neppure comunicazione!


Di seguito viene mostrato un estratto del video della sala immersiva.

PRESENTAZIONE

Qui viene riportata la sceneggiatura del video della sala immersiva del Museo del Risorgimento di Lucca.

(il video ha una durata di circa 20 minuti)

I protagonisti del video sono dei personaggi appositamente inventati per farci rivivere e comprendere il dramma sociale e umano, le emozioni e le speranze che i cittadini italiani vivevano all’epoca del Risorgimento.

Sullo sfondo si muovono e intervengono anche personaggi storici come Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Vittorio Emanuele II, Cavour.

Durante la recitazione vengono rappresentate l’impresa dei Mille, alcune scene di battaglie e altri momenti rilevanti degli eventi risorgimentali che porteranno all’Unità d’italia e alla presa di Porta Pia a Roma.

Le vicende sono ricostruite attraverso una serie di immagini che riproducono famosi quadri del periodo Risorgimentale di artisti quali Giovanni Fattori, Girolamo Induno, Odoardo Borrani, Silvestro Lega e altri.

Le musiche di accompagnamento sono tratte da celebri musiche del passato, tra cui l’opera “I Puritani” di Vincenzo Bellini, “L’italiana in Algeri” di Gioacchino Rossini, “La Forza del Destino” di Giuseppe Verdi. Non poteva mancare naturalmente l’Inno nazionale italiano scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro.

I personaggi principali del video sono i seguenti:

-Luigi, romantico volontario nella seconda guerra d’indipendenza e nella spedizione dei Mille;

Maria, sua compagna, destinataria delle lettere che Luigi invia da alcuni luoghi simbolo del nostro Risorgimento,

Un soldato lombardo

Un soldato emiliano

Un soldato siciliano

Un giovanissimo patriota di nome Italo

SCENEGGIATURA

Personaggio

Testo recitato

Sul video appare la protagonista Maria, vestita con una camicia bianca e una gonna grigia

Si alza in piedi, si affaccia alla finestra. Dalla strada giunge un rumore di voci, confuse e allegre. Si alza un canto: La bella gigogin.

La melodia cresce, poi si allontana a poco, a poco… Maria ne intona un paio di strofe… Si stacca dalla finestra, guarda verso lo spettatore, estrae da una tasca della veste un foglio. È una lettera. Maria comincia a leggere.

Maria legge una lettera del suo amato Luigi

Mia cara, scusa il ritardo nel risponderti, ma sapessi che eccitazione a Torino!

Tra pochi giorni, io e i miei amici lasceremo il lavoro al Ministero per arruolarci nel 9° fanteria, qui, nella capitale sabauda

In ufficio vorrebbero trattenerci, ma, quando scoppierà la guerra (qualcuno dice che ormai è solo questione di ore), noi saremo al nostro posto, in uniforme e armati *.

Maria, non ho cattivi presentimenti anzi, non voglio pensare che la morte arrivi sul campo di battaglia proprio alla vigilia dell’unità, quando finalmente si coglieranno i frutti della libertà seminata dai nostri padri

Appare Luigi vestito con pantaloni grigi camicia bianca e prosegue:

Lo so che potrebbe accadere… che sarà una guerra tra le più terribili, lunghe e disperate, perché se l’Austria mette in gioco le sue province italiane noi, e Napoleone III ci giochiamo tutto.

Anche gli Austriaci non pensano che alle armi

E così, la loro Polizia si lascia sfuggire migliaia di giovani che arrivano qui e chiedono di impugnare una sciabola o un fucile.

Noi confidiamo nella loro giovinezza, perché in quella, vive la speranza della nostra patria, oggi ancora infelice, domani libera e unita

Sarebbero terribili, gli Austriaci, all’indomani di una loro eventuale vittoria: ma quel giorno, vivaddio!, non verrà!

Maria conclude la lettura:

No, Maria, quel giorno non verrà. Mai

Nella testa e nel cuore, soprattutto nel cuore, sento che questa volta ce la faremo. L’Italia ce la farà. Non accadrà più come nel ’48, quando un’intera generazione di giovani, forti solo nell’entusiasmo e nella generosità, venne umiliata dall’Austria e dalle divisioni tra gli stessi Italiani.

Oggi, lo sai, il re sabaudo sta dalla parte della causa nazionale e i volontari di tutta Italia hanno fede in lui.

Appare Vittorio Emanuele II:

Il nostro Paese è piccolo per territorio, ma grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che ispira. Questa condizione non è scevra di pericoli, giacché, nel mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi.”

Luigi

Certo, l’alleato francese è infido. È lo stesso che dieci anni or sono, schiacciò la libertà del popolo romano

Ma … ci è indispensabile e, nonostante… le dolorose memorie, bisogna subirlo.

Oggi, la nazione italiana sembra finalmente unita: alla politica e alla diplomazia si aggiunge la spinta dei giovani volontari

che arrivano in Piemonte dall’intera penisola,

dal nord come dal sud, dalla Toscana e dalla Sicilia, dai ducati emiliani e dai territori pontifici e il movimento popolare nei singoli Stati è forte.

Grandi eventi si avvicinano, e io, Maria carissima, voglio esserci.

Appare

Giuseppe Mazzini,

L’Italia può. Non v’è più bisogno di provarlo: fu provato nel 1848. Possiamo e dunque dobbiamo sorgere. La Nazione per la Nazione. L’Italia per gli Italiani.”

Luigi prosegue

Sai, Maria, mentre ti scrivo mi giunge alla finestra l’eco degli applausi nelle strade. C’è festa per il presidente del Consiglio Camillo Cavour. Ha letto un discorso alla Camera….ha chiesto i pieni poteri per il conflitto che s’avvicina.

Maria

C’era un silenzio religioso. Tutti aspettiamo l’annunzio della guerra all’Austria con entusiasmo. Anch’io non riesco a trattenere le lacrime, mi sembra di avere la febbre. Finalmente si volta una pagina, umiliante, durata ben dieci, interminabili anni.

Prosegue

Maria leggendo un’altra lettera di Luigi

Vedrai Maria, che questa è l’ultima seduta della Camera piemontese, la prossima, ne son sicuro, sarà quella del regno d’Italia.

È necessario, mia dolce compagna, che io interrompa per un periodo, non so quanto lungo la mia carriera di travet, di modesto funzionario ministeriale, per farmi guerriero, spero… degno… della divisa che andrò a indossare.

Pensami audace, Maria, e prega per me

Tuo, per sempre!

Luigi

militare a cavallo con accento lombardo

Le sofferte vittorie della campagna del ’59 e il sangue italiano e francese versato…. non ci evitarono l’angoscia di Villafranca,

l’armistizio crocifisso furono molte, le preoccupazioni per una Patria riunificata solo a metà, mentre principi e reazionari di tutta Italia tentavano di rialzare la testa.

appare un uomo in divisa che si appoggia a una stampella. È lui a parlare in italiano con accento emiliano

Ma la spinta all’unità fu più forte di ogni cautela diplomatica, di ogni prudenza imposta dalla politica europea.

Così, mentre i Lombardi tornavano finalmente italiani, Toscani ed Emiliani respingevano le pretese, dei vecchi regnanti, a tornare sui loro troni: e furono a valanga, i consensi con cui vollero l’annessione alla monarchia parlamentare del Piemonte.

Fu una scelta pacifica e costituzionale.

Appare un militare che parla in italiano con accento siciliano

Arrivava anche per noi meridionali il momento della riscossa.

Anche per noi erano passati dieci interminabili anni dal sogno e dalla disfatta, quando la ribellione di Palermo, la prima nella Primavera dei Popoli, aveva cacciato i Borboni, dichiarato l’indipendenza della Trinacria, riaperto il Parlamento siciliano e promulgata la Costituzione. Un anno e mezzo resistemmo prima di dover abbandonare la nostra patria, io e tanti altri.

Ora, nuove sommosse vengono represse nel sangue senza che nessuno si muova in aiuto dei Siciliani: ma dove sta, Garibaldi? Cosa fa, Garibaldi? Vuole che i martiri della Gancia siano caduti invano?

Voce di Garibaldi

Sire,

Il grido d’aiuto che parte dalla Sicilia ha toccato il mio cuore, e quello di parecchie centinaia dei miei antichi soldati.

Io non ho consigliato l’insurrezione dei miei fratelli di Sicilia, ma da che essi si sono levati in nome dell’Unità Italiana, rappresentata nella persona di Vostra Maestà, contro la più vergognosa tirannia dei tempi nostri, io non ho esitato di farmi capo della spedizione

Io so che l’impresa in cui mi metto è pericolosa: ma io confido in Dio e nel coraggio e nella devozione dei compagni

Voce di Cavour

Io ho fatto di tutto per persuadere Garibaldi a rinunciare alla su folle impresa. Dopo aver promesso di rinunciare è partito a seguito di false notizie dalla Sicilia. Abbiamo telegrafato a Cagliari affinché gli si impedisca di compiere il suo progetto.”

Ora cosa accadrà? È impossibile il prevederlo. L’Inghilterra lo aiuterà? È possibile. La Francia lo contrasterà? Non lo credo. E noi?

Voce di Garibaldi.

Il nostro grido di guerra sarà sempre: Viva l’Unità d’Italia, Viva Vittorio Emanuele, suo primo e più prode soldato!

Ove noi avessimo a soccombere, io spero che l’Italia e l’Europa libera non dimenticheranno che questa impresa è stata ispirata dal più generoso sentimento di patriottismo.

Se vinceremo, io avrò il vanto di ornare la corona di Vostra maestà di un nuovo, e forse più splendido gioiello:

Voce di Cavour

Il secondarlo apertamente non si può, il comprimere gli sforzi in suo favore nemmeno. Abbiamo deciso di non impedire l’invio di armi e munizioni, purché con prudenza”

Vedo con piacere le vive simpatie che l’impresa di Garibaldi incontra e non sono affatto geloso del suo successo. Al contrario ho dato ordini che si impedisca a Mazzini di raggiungere la Sicilia e guastare l’opera del celebre guerrigliero. Qualsiasi cosa piuttosto che la formazione di una repubblica in Sicilia.”

Voce di Garibaldi

Non ho comunicato il mio progetto a Vostra Maestà,perché temevo che la grande divozione che io sento per voi mi avesse persuaso ad abbandonarlo.

Di Vostra Maestà il più affezionato suddito

Giuseppe Garibaldi (Villa Spinola, 30 aprile 1860)

Maria legge una nuova lettera di Luigi

Cara Maria,

scusami…ecco il motivo del mio lungo silenzio…: ho cambiato l’uniforme piemontese con la camicia rossa dei garibaldini.

Siamo in molti ad averla scelta e sono certo che tu, conoscendomi, intuirai le mie ragioni.

Voce di Luigi

Era necessaria una certa discrezione, anche se, tra Torino e Genova, molti sapevano, che si preparavano altri eventi per la nostra patria:

liberare dieci milioni di connazionali da un regime feroce restaurare la nazione e renderla libera all’interno, e potente e rispettata allo straniero.

Per questo perdonami se non mi è stato possibile scriverti, ma questi fatti si sono succeduti così in fretta da rincorrersi l’un l’altro.

L’immagine trascorre da Luigi a Maria che continua a leggere

Partiti il 5 maggio all’alba da Genova,

il 6 approdammo in Toscana a Telamone

e l’11 fummo in vista della Sicilia.

Ancorammo nel porto di Marsala,

ove un quarto d’ora dopo giunsero due fregate e una corvetta borbonica.

Luigi voce fuori campo

Lo sbarco dei nostri, te lo puoi immaginare fu veloce anche se una gragnuola di palle nemiche ce lo rese più complicato L’accoglienza di Marsala non fu né buona né cattiva:

è probabile che quella brava gente non capisse granché di tutta la faccenda.

Voce di Maria

A Salemi, invece, accoglienze trionfali.

In municipio Garibaldì dichiarò decaduto il potere borbonico e assunse la dittatura in nome di Vittorio Emanuele.

Il giorno 15, avanzando verso Calatafimi,

incontrammo schierati sopra le falde di una montagna quattro battaglioni di fanteria napoletana e uno di tiratori scelti, con cannoni e poca cavalleria.

Voce di Luigi

Con Garibaldi alla testa, noi Mille assalimmo:

senza posa, senza riserva fu impiegato fin l’ultimo uomo perché quello scontro decideva tutta la spedizione.

I tre bastioni naturali…..come muraglie,

furono espugnati con cinque cariche alla baionetta…

All’alba entrammo a Calatafimi.

Il 17 fummo sulla strada per Alcamo e Partinico…

Voce di Maria

il 18 maggio eravamo sotto Monreale a un tiro di schioppo da Palermo.

Allora, i Napoletani si mossero per circondarci mentre la città era inerte e non correva in nostro soccorso.

Luigi

Fu un momento difficile:

Il Garibaldi, allora, ci fece ritirare per la Piana dei Greci e così fece allontanare i nemici da Palermo dove, invece, noi irrompemmo all’alba del 27 maggio, inaspettati e per vie quasi impraticabili.

Dopo Marsala e Calatafimi, Palermo fu il terzo miracolo: mille garibaldini, poche centinaia di picciotti hanno avuto la meglio su 20.000 borbonici.

Per questo dobbiamo ringraziare il popolo palermitano che si è sollevato eroicamente.

I borbonici sono stati costretti a firmare una tregua, ma è solo l’inizio della loro fine

E noi siamo a Palermo, Maria. A Palermo! Viva Garibaldi, viva santa Rosalia e addio.

Maria canta alcuni versi di “Garibaldi in Sicilia” di Francesco Dall’Ongaro

Il mar che rugge tra Cariddi e Scilla

non lo sgomenta e non lo tiene indietro:

l’onda al suo cenno si farà tranquilla,

camminerà sul mar come san Pietro.

C’è santa Rosalia di là dal Faro,

a Napoli per lui c’è san Gennaro.

O san Gennaro, o santa Rosalia,

salvate Garibaldi e così sia!

Voce di Garibaldi che parla a Vittorio Emanuele II

Sire,

Voi troverete in queste contrade meridionali un popolo docile quanto intelligente, amico dell’ordine e desideroso di libertà, pronto ai maggiori sagrifizi qualora gli sono richiesti nell’interesse della patria e di un Governo nazionale.

Nei sei mesi che io ne ho tenuta la suprema direzione, non ebbi che a lodarmi dell’indole e del buon volere di questo popolo, che ho la fortuna di rendere, io coi miei compagni, all’Italia, dalla quale i nostri tiranni lo avean disgiunto.

Qui nel Continente, dove la presenza del nemico ci è ancora di ostacolo, il paese è avviato , in tutti gli atti, alla unificazione nazionale.

Sono, Sire, Vostro.

(Caserta, 29 ottobre 1860) (Teano)

Parla il giovane

Italo

Che Italia che ci attendeva? Quale Paese ci avrebbe visto diventare uomini?

Una nazione ancora divisa ….gente analfabeta…che si porterà dietro tante difficoltà.

Certo, a noi e ai nostri figli sarebbe toccato un destino sempre meno da sudditi e sempre più da cittadini, ma avremmo pagato ogni conquista a prezzo carissimo.

Dopo l’unificazione del Paese, ci fu il brigantaggio, una vera guerra civile e il Meridione d’Italia mortificato nelle sue ricchezze…nelle intelligenze…

Per noi, ragazzi che si facevano adulti dopo l’unità d’Italia, c’era solo tanta miseria…..fame, poche scuole, pochi maestri…

Ci toccò partire… in tanti lasciammo la nostra terra alla ricerca di pane e lavoro.

E i soldi guadagnati serviranno a far vivere le famiglie rimaste a casa e a ristabilire i conti dello Stato, che non si accorgeva dei problemi della gente.

Sì, alcuni dei miei coetanei si faranno briganti;

altri, delusi dal nuovo Stato, andranno con Garibaldi per raggiungere Roma, ma saranno fermati proprio dalle armi italiane sulle pendici dell’Aspromonte e da quelle francesi a Mentana a ormai pochi chilometri da Roma

Molti, per sfuggire alla miseria e all’emigrazione, indosseranno la divisa dell’esercito regio e battezzeranno il loro essere italiani sul campo di battaglia di Custoza, nel mare di Lissa e nell’impresa che avrebbe restituito Roma all’Italia: Porta Pia

Maria parla ripensando a Luigi, ancora lontano e parla dell’impegno straordinario delle donne durante il risorgimento e dei diritti delle donne non ancora riconosciuti

Un italiano illustre,

in questi giorni, ha detto una cosa che mi fa pensare:

Fatta l’Italia, ora bisogna fare gli italiani”. E bravo d’Azeglio! Gli italiani!

E le italiane? A noi chi ci pensa?

Chi si occuperà del nostro avvenire,

dei nostri diritti?

Eppure, madri spose sorelle abbiamo condiviso insieme… speranze e pericoli per costruire la patria.

Abbiamo consolato gli oppressi,

nascosto i perseguitati, curato i feriti.

Educato i figli di uomini che erano chiusi in una galera o esiliati

perché amavano la patria come la loro famiglia.

Abbiamo cucito bandiere, tagliato uniformi, preparato cartucce e ….combattuto:

sì, a Palermo),

Milano Venezia …. come uomini.

E anche a Roma Brescia, Livorno…

A questa società hanno partecipato almeno due generazioni di italiane:

le aristocratiche e le figlie del popolo…

Tutte a costruire la patria, con sacrificio e con passione….

Certo, oggi io e le mie sorelle possiamo avere più libertà , ma ci sono leggi e codici che ci offendono.

C’è ancora chi pensa che il nostro posto è in casa.

Luigi, mi sembra che l’Italia nasca segnata da molte ombre:

non solo il meridione….non solo una “questione sociale” ma anche una “questione femminile”…la nostra invisibilità.

Quanti anni ci vorranno perché io…nei diritti… sia eguale a un uomo?

Maria, Luigi e il giovane Italo appaiono tutti insieme

Voce di Maria

Caro Luigi,

forse te e i tuoi compagni

avete accettato l’idea di una società che non cresce uguale per tutti.

Ma voi…. senza donne….potete essere un partito,

con noi…invece… siete la famiglia, …siete la nazione… siete l’umanità.

Scena finale

Immagine del quadro di Pelizza da Volpedo, Il quarto stato: in cui sono rappresentati un gruppo di proletari che avanzano in corteo. Viene poi rappresentato un particolare del quadro con una donna che porta in braccio un bambino.

Maria, Luigi e il giovane Italo, finalmente uniti, formano un’immagine familiare. Ognuno di loro comincia a cantare, in maniera discreta e sommessa, l’Inno nazionale di Mameli…