Bollettino della vittoria

24 ottobre – 3 novembre 1918, un’offensiva militare italiana, dopo una dura lotta sul Grappa e sul medio Piave, si conclude con la vittoria di Vittorio Veneto.

Il 3 novembre gli italiani entrano a Trento e Trieste. Lo stesso giorno a Villa Giusti (Pd) viene firmato l’armistizio che il giorno seguente pone fine alle ostilità. Il Bollettino della Vittoria, impresso nel marmo, fu apposto a duratura memoria.

 

Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12

Bollettino di guerra n. 126

La guerra contro l’Austria Ungheria, che sotto la guida di sua maestà il Ré -Duce supremo- l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 giugno 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse, ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.

La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte 51 Divisioni Italiane, 3 Britanniche, 2 Francesi, 1 Czeco-slovacca ed 1 Reggimento americano, contro 73 Divisioni Austro-ungariche, è finita.

La fulminea ed arditissima avanzata del 29° Corpo d’Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII° Armata e ad oriente da quelle della I°, VI°, IV° , ha determinato ieri lo sfacelo totale del fronte avversario.

Dal Brenta al Torre l’irresistibile slancio della XII° e dell’ VIII°, della Decima Armata e delle Divisioni di Cavalleria ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.

Nella pianura S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III° Armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già gloriosamente conquistate, che mai aveva perdute.

L’Esercito austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nella accanita resistenza dei primi giorni di lotta e nell’inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini ed i depositi: ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi Stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni.

I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.

Diaz