Così nacque la camicia rossa (litografia raffigurante volontario con camicia rossa di soldato garibaldino)

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La camicia rossa

Garibaldi è a fianco del piccolo Uruguay aggredito dalla ricca e potente Argentina. Comanda la Legione italiana, una formazione militare costituita da circa 500 volontari italiani e, tra gli altri problemi, deve anche fornire loro una divisa. Nelle casse dello Stato, ovviamente, non c’è un soldo.

Dall’indigenza stava per nascere l’uniforme più celebre di tutto l’Ottocento. Una azienda tessile di Montevideo che, a causa della guerra e del blocco militare della città non riusciva a piazzare una partita di camiciotti di lana rossa, prodotti per gli operai dei macelli, i saladeros, aveva fatto un accordo col governo uruguayano per vendere a Garibaldi uno stock di quegli abiti.

Garibaldi, da buon ligure, non si lasciò sfuggire l’occasione e vestì i suoi uomini con quelle rozze tuniche, il cui colore doveva nascondere le macchie di sangue, la prima conseguenza
del lavoro nei macelli.

Quella veste, lunga sino alle ginocchia, era stretta in vita da una cintura di cuoio a cui si agganciava la sciabola. In testa un cappello di feltro a larghe tese e al collo legati i due capi di un fazzoletto colorato che cadeva aperto sul dorso di quella sommaria uniforme.

I pantaloni erano simili a quelli indossati dai marinai genovesi: di tela, lo stesso tessuto utilizzato sulle navi per le vele e per coprire le merci, di colore blu (bleu de Genes) o grigio. Calzoni da lavoro, pratici, resistenti: gli antenati dei nostri jeans.

La camicia rossa

La camicia rossa