1883-1915

La scomparsa dei principali protagonisti appartenenti alla generazione dei Padri fondatori della Patria ( Mazzini, 1872; Pio IX, 1878; Vittorio Emanuele II, 1878; Garibaldi, 1882) avviene in un Paese profondamente mutato rispetto a quello delle passioni e degli entusiasmi risorgimentali. Dopo il difficile esordio del nuovo Stato italiano – segnato dalla fragilità dei confini e dall’ostilità dei potenti vicini, la Francia e l’Austria-Ungheria, e da una “questione cattolica” e una sociale che lo indeboliscono all’interno – la Sinistra parlamentare che sostituisce la Destra storica al governo (1876) intraprende una serie di riforme certo utili ma ancora non del tutto adeguate ai problemi che assillano la giovanissima nazione. La legge Coppino che stabilisce la gratuità e l’obbligatorietà dell’istruzione dai sei ai nove anni; l’abolizione della odiosa legge sul macinato (1879); la riforma dei codici che prevede un sia pur limitato riconoscimento del diritto di sciopero e abolisce la pena di morte; la riforma elettorale che amplia la base degli elettori da 500.000 a oltre due milioni, sono le necessarie premesse istituzionali per un importante sviluppo dell’industria che cresce in questi anni del 37%, difesa da una serie di dazi doganali che se tutelano le manifatture nazionali penalizzano, però, l’agricoltura, soprattutto meridionale.

In politica estera, intanto, l’Italia si avvicina alla Germania e all’Austria-Ungheria (Triplice Alleanza, Vienna, 1882) e sviluppa un suo progetto colonialista (1889, nascita della colonia Eritrea), mentre l’affermazione della personalità di Francesco Crispi e la sua decisa volontà di rafforzare l’autorità dello Stato preparano le condizioni per quella “crisi di fine secolo” che vede una difficile congiuntura delle istituzioni. Le conseguenti proposte politiche di segno autoritario e i provvedimenti restrittivi delle libertà statutarie sono faticosamente bloccati e sconfitti e solo dopo una fase di acute tensioni sociali e gravi disordini (1898), il Paese si avvia verso una stagione di aperture liberali e di cauto riformismo sostenuta da un movimento dei lavoratori sempre più forte e organizzato.

Giovanni Giolitti (1842 – 1928) è il protagonista di questa nuova stagione politica che tenta, riuscendovi anche in parte, di chiamare socialisti e cattolici a rafforzare le basi dello Stato liberale, mentre in politica estera opera per un ravvicinamento alla Francia e una sempre maggiore autonomia dalla Triplice allenza. Nel contempo Giolitti recupera l’opzione colonialista e avvia negli anni 1911-1912 la conquista della Libia.

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